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"Luigi Di Gianni. Sopralluoghi di memoria" a Latina
Dal 18 giugno 2019
Dal 18 giugno 2019
Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Museo delle Civiltà – Museo delle arti e tradizioni popolari
Piazza Guglielmo Marconi, 8 – Roma
30 marzo – 5 maggio 2019
Inaugurazione mostra
30 marzo 2019, h. 16,30
Il 30 marzo alle 16,30 al Museo delle Civiltà - Museo delle arti e tradizioni popolari si inaugura la mostra fotografica “Luigi Di Gianni. Sopralluoghi di Memoria”, organizzata dall’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia in collaborazione con il Museo delle Civiltà.
La mostra presenta una selezione di fotografie realizzate dal regista Luigi Di Gianni negli anni Sessanta e Settanta: scatti ricognitivi nati da esplorazioni di diversi territori in Italia e all’estero, perlustrazioni legate a progetti di film, mappe visive di luoghi finalizzati alla creazione di immagini in movimento e alla definizione di un piano di lavoro cinematografico.
Strumenti ancillari rispetto alla produzione filmica, le fotografie presentate sono il risultato di una specifica modalità di lavoro di Luigi Di Gianni, che lo vedeva effettuare sopralluoghi alla ricerca di contesti sui cui concentrarsi per le riprese. Le immagini esprimono questo lavoro di preparazione, proponendo appunti visivi, intimi, processuali, quasi mai finalizzati a una produzione autonoma svincolata dal percorso di ricerca filmico.
A partire da questi frammenti visivi, la mostra intende creare rimandi tra immagine fissa e immagine in movimento, indagando il dipanarsi di una produzione fotografica che trova il suo contraltare nella produzione filmica. In questo percorso incontriamo visioni che ci riportano ai temi centrali della ricerca filmica del regista, quali, ad esempio, la dimensione magico-religiosa o le atmosfere kafkiane. Allo stesso tempo, la mostra presenta uno sguardo inedito su altre realtà e contesti perlustrati e documentati per lavori poi non compiuti.
Il percorso espositivo porta anche all’esplorazione della biografia personale e culturale di Luigi Di Gianni, dai suoi interessi giovanili per la musica espressi negli esercizi musicali, al suo amore per la filosofia, fino alle lavorazioni per sceneggiature. L’atto di sfogliare le fotografie ha aperto percorsi di memoria, attivati insieme al regista, che con la generosità e l’ironia che lo contraddistingue ha accompagnato il lavoro di selezione con racconti, aneddoti, digressioni su motivazioni, scelte, punti di incontro tra immagini, vita e ricerca filmica.
Mostra promossa da
Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
con
Museo delle Civiltà
in collaborazione con
Fondazione Cineteca di Bologna, Istituto Luce Cinecitta, Videa SpA
Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Coordinamento generale: Leandro Ventura
Da un'idea di: Emilia De Simoni
Cura, allestimento e catalogo: Rosa Anna Di Lella
Comunicazione: Ilaria Turri, Simonetta Greco
Consulenza fotografica: Massimo Cutrupi, Roberto Galasso
Luci: L'Utile S.r.l.
Selezione materiali e montaggio audiovisivi: Francesco Caprioli
Acquisizione e stampa fotografica: Digid'A S.r.l.
Stampa catalogo: Rotostampa Group S.r.l.
Collaborazione all'allestimento: Claudio Cavazzuti, Fabio Fichera, Taiger Hoti, Maria Chiara Lo Forti,
Cinzia Marchesini, Francesca Romana Uccella
Museo delle Civiltà
Coordinamento generale: Filippo Maria Gambari
Ufficio tecnico: Raffaela De Luca, Amedeo Abate, Vito Imparato, Enrico Tron
Comunicazione e promozione: Francesco Aquilanti, Gianfranco Calandra, Gabriella Manna
con la collaborazione di Antonio Falcone, Marina Battarelli, Sara Visco
Grafica catalogo e mostra: Gianfranco Calandra
Ringraziamenti: Enrico Ghezzi e Fuori Orario cose (mai) viste, RAI Tre, Stefania Baldinotti,
Loretta Paderni, Giulia Raccah
Il catalogo della mostra "Luigi Di Gianni. Sopralluoghi di Memoria", curato da Rosa Anna Di Lella, contiene contributi di: Leandro Ventura, Filippo Maria Gambari, Rosa Anna Di Lella, Emilia De Simoni, Francesco Faeta, Giovanni Pizza, Giuliano Sergio, Ulrich Van Loyen, Luigi Vagnetti
Mercoledì 6 febbraio - ore 20,30 - 21,15 - 22,00
GUBBIO - Cinema Astra
Il Comune di Gubbio
e
L'Istituto centrale per la Demoetnoantropologia
in collaborazione con
Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane
UNESCO - Intangible Cultural Heritage of Humanity
presentano
PRODIGIO IN SLOW MOTION
Regia di Francesco Melis
Dopo l'anteprima di alcune sequenze del video "PRODIGIO IN SLOW MOTION - Visibile e invisibile della Corsa dei Ceri a Gubbio", proiettate con grande partecipazione il 13 gennaio alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Comune di Gubbio, insieme ad altri enti pubblici e soggetti privati, organizza per mercoledì 6 febbraio al Cinema Astra una proiezione speciale, rivolta alla cittadinanza, dell'intero filmato alle ore 20,30, 21,15 e 22.
L'ingresso è gratuito, previo ritiro dello speciale coupon presso l'Ufficio IAT in via della Repubblica, per consentire di regolamentare gli accessi ai 180 posti della sala.
Molta è l'attesa per la visione di quest'opera "sperimentale", girata dal regista Francesco De Melis, che spiega: «A differenza della fulminea velocità che contraddistingue il 15 maggio, il filmato, girato lo scorso anno sotto una pioggia battente con tecniche e strumenti innovativi, privilegia la lentezza per "vedere" a fondo nel convulso e imponente movimento di popolo, e il ralenti per penetrare i meccanismi dell'azione, fino a svelare la primaria tessitura antropologica. Lo sforzo sovraumano, i gesti collettivi, la micro-mimica individuale, messi in evidenza da una camera RED in grado di filmare piani sequenza a 180 fotogrammi al secondo, conducono dentro un mondo parallelo a quello dell'azione in tempo reale, un mondo sospeso e ieratico, invisibile a occhio nudo, che ci rivela l'altra dimensione di questo complesso rito collettivo. Il flusso delle immagini, ad altissima risoluzione, "danza" sul contrappunto di elementi sonori della festa: una musica che deriva dal missaggio dell'ampio ventaglio timbrico dei suoni rituali».
Il film rientra nel piano di valorizzazione nazionale e internazionale che la comunità eugubina mette in atto come azione collaterale al progetto di estensione di candidatura della Rete delle Macchine ai Ceri di Gubbio,
Per ritirare i coupon per l'ingresso gratuito rivolgersi a:
A PARTIRE DAL 1 FEBBRAIO
Servizio Turistico Associato | I. A. T.
Informazioni e Accoglienza Turistica, Via Repubblica, 15
Tel. 075 922 0693, Email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. .
Domenica 13 gennaio - ore 17 - Via Gramsci 73 Roma
Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea
nell'ambito della mostra ILMONDOINFINE
l'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
in collaborazione con
la Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane
presenta
UN PATRIMONIO SULLE SPALLE
e
PRODIGIO IN SLOW MOTION
Metafora della fine e del nuovo inizio nella tradizione del trasporto rituale
Due esperimenti cinematografici sul peso del mondo incentrati sulla Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane, dichiarata dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità e sulla Corsa dei Ceri a Gubbio.
INGRESSO LIBERO.
http://lagallerianazionale.com/en/mostra/ilmondoinfine-vivere-le-rovine/
http://lagallerianazionale.com/evento/ilmondoinfine-programma-gennaio/
"Poche decine di minuti di una tensione crescente, che marcia nel ritmo verso il parossismo, eppure esprime una forza positiva e perfino «creatrice». Questo è il miracolo di «commozione» che riescono a cogliere e porgere i film di Francesco De Melis..." Gianfranco Capitta
Intervengono:
Leandro Ventura
Direttore dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Fabio De Chirico
Referente per il Piano per l'Arte Contemporanea del MIBAC
Stefania Baldinotti
Funzionario antropologo del MIBAC
Maria Fratelli
Dirigente Unità Case Museo e Progetti Speciali del Comune di Milano
Patrizia Nardi
Responsabile tecnico scientifico progetto UNESCO per la Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane
Francesco De Melis
Regista e compositore
Patrizia Giancotti
Antropologa
UN PATRIMONIO SULLE SPALLE
Un film sulla Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane decretata dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità
Una bambina svettante nel cielo di Palmi, una macchina lucente come il cuore di Santa Rosa a Viterbo, otto torri danzanti che penetrano il cielo a Nola, undici candelieri che piroettano legando a sé tutta la popolazione con nastri colorati a Sassari. Le macchine a spalla sono quelle impressionanti strutture processionali portate sulle spalle da centinaia di persone nel corso di celebrazioni religiose caratterizzate da un'intensa partecipazione collettiva, profondamente radicate nella tradizione mediterranea. Tra queste, La Macchina di Santa Rosa di Viterbo, i Gigli di Nola, la Varia di Palmi e i Candelieri di Sassari, formano, dal 2005, la "Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane", che, per audacia, spettacolarità e bellezza delle sue varie imprese è stata decretata dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità, nonché "modello e fonte di ispirazione" per le candidature a venire a connotazione immateriale. Questi trasporti eccezionali, metafora della fine e del nuovo inizio, animati da una pulsione estrema verso l'impresa impossibile, sono al centro delle feste della "Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane" che, chiudendo enfaticamente un ciclo e aprendone un altro, cadenzano il calendario annuale delle comunità protagoniste di tali impressionanti eventi collettivi. Un patrimonio sulle spalle, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, è concepito con l'intenzione di comunicare al pubblico una percezione contemporanea dei quattro trasporti, con un senso di circondamento audiovisuale e di partecipazione emotiva e musicale: non a caso, è stato girato dall'antropologo-cineasta Francesco De Melis "dall'interno" e con la tecnica della "macchina a spalla". Scandito da un incessante contrappunto di immagini e suoni prelevati "fisicamente" dal cuore delle feste nel corso della ricerca sul campo effettuata allo scopo, il lavoro mira a far vivere una simultaneità dell'esperienza non solo visiva, ma relativa a tutte le sonorità delle feste, come se le quattro cerimonie confluissero in un'unica partitura, per restituire al pubblico l'intensità del trasporto vissuto in prima persona, dal punto di vista e dal "punto di udito" degli stessi portatori. In un rocambolesco divenire, sotto il peso monumentale delle altissime strutture votive, al culmine della fatica fisica e all'apice dello slancio spirituale, i portatori delle quattro cerimonie vengono letteralmente calamitati verso la fine con una irresistibile pulsione collettiva, in cui sembrano riecheggiare le parole sapienziali del grande mistico medioevale Meister Eckhart: "Più il pozzo è profondo, più nel contempo è alto, giacché abisso ed elevazione sono una cosa sola."
PRODIGIO IN SLOW MOTION
Visibile e invisibile nella Corsa dei Ceri a Gubbio
Sequenze video per un'installazione
E' una corsa spericolata quella dei tre ceri portati a spalla dalla piazza di Gubbio fino ai quasi mille metri della chiesa di Sant'Ubaldo, un inseguimento spasmodico al quale partecipa la popolazione al completo. Tradizionalmente celebrata in onore del patrono, si tratterebbe della trasformazione di un'originaria offerta in cera da parte degli eugubini suddivisi nel Medioevo in corporazioni di mestiere, che portavano, oltre a quello di sant' Ubaldo, anche il cero di Sant'Antonio e quello di San Giorgio. Secondo altre ipotesi il nome della festa deriverebbe invece dalla dea Cerere, il cui culto precristiano è documentato, legata al risveglio della primavera e alla celebrazione dello spirito arboreo. In ogni caso, la particolarità che fin dal 1160 contraddistingue il trasporto rituale di Gubbio è la sua fulminea velocità. In questo esperimento cinematografico concepito per una installazione, mostrato in anteprima al pubblico della Galleria d'Arte Moderna, si è scelto viceversa di spogliare l'evento eugubino della sua peculiare rapidità. Sarà invece la lentezza, la cifra poetica scelta per "vedere" a fondo nel convulso e imponente movimento di popolo, e la qualità del ralenti a penetrare i meccanismi di interazione e condivisione, di solidarietà e competizione, fino a scomporre l'azione per trovarne, nella dilatazione, la primaria tessitura antropologica. Lo sforzo sovraumano, i gesti collettivi, la micro-mimica individuale, messi in evidenza da una camera RED in grado di filmare piani sequenza a 180 fotogrammi al secondo, conducono chi guarda dentro un mondo parallelo a quello dell'azione in tempo reale, un mondo sospeso e ieratico, invisibile a occhio nudo, che ci rivela l'altra dimensione di questo complesso rito collettivo. Il flusso delle immagini, ad altissima risoluzione, "danza" sul contrappunto di tutti gli elementi sonori della festa: una musica che deriva dal missaggio dell'ampio ventaglio timbrico dei suoni rituali. Qui non si tratta di azioni performative, di effetti speciali volti a riprodurre l'eco emotiva di una celebrazione, ma del rito vero e proprio, arcaico e immutato, nel quale, grazie a questa intuizione espressiva dell'autore, il pubblico è invitato ad "entrare". Partendo da questa poetica, il film, girato nel corso dell'ultimo quindici maggio sotto una pioggia battente, s'incentra sugli aspetti cinesici, prossemici, teatrali e musicali della Corsa dei Ceri a Gubbio, e sembra confermare la lampante riflessione di Merleau-Ponty secondo la quale il vedere deve essere, per principio, "vedere più di quanto si veda."
I Gigli di Nola sono otto strutture, una per ogni antica corporazione di mestiere. Ogni macchina è trasportata a spalla da circa 120 uomini, detti cullatori, che si muovono danzando al ritmo incessante di musicisti e cantanti collocati sulla base quadrangolare di ognuna delle altissime piramidi. Questa processione musicale, aperta dalla barca di San Paolino, coinvolge centinaia di migliaia di persone: una "festa felice" semplicemente travolgente.
La Varia di Palmi è una complessa macchina processionale che celebra l'ascensione della Vergine Maria. Il carro votivo, una immensa nuvola con astri rotanti che rappresentano l'universo, ha un'altezza di sedici metri e viene trascinata e sospinta da duecento 'mbuttaturi. Su di esso trovano posto figuranti che rappresentano il Padreterno, gli Apostoli e gli Angeli: li sovrasta l'Animella, una bambina collocata arditamente sulla estrema sommità della Varia, scelta per rappresentare la Madonna Assunta in Cielo.
I Candelieri di Sassari sono undici grandi candelieri di legno dipinto ornate di nastri e stendardi, che rappresentano altrettanti ceri votivi in onore della Madonna Assunta. La Faradda, ossia la discesa, dei Candelieri ad opera dei Gremianti, avviene al suono e al ritmo di tamburi e pifferi, con coinvolgenti coreografie a passo di danza. Gli undici Candelieri dopo aver fatto il giro di tutta la città, si ritrovano sul sagrato della Chiesa di Santa Maria di Betlemme per le ultime giravolte danzanti, prima di entrare a rendere omaggio alla Vergine.
La Macchina di Santa Rosa di Viterbo una imponente torre illuminata da fiammelle e luci elettriche, alta circa trenta metri e pesante cinque tonnellate. Nella città medievale, totalmente oscurata per dar risalto alla sua luminescenza, la macchina viene portata a spalle da centotredici uomini detti "facchini di Santa Rosa" lungo un percorso di oltre un chilometro tra le vie, talvolta molto strette, e le piazze del centro storico. Le quattro feste finora descritte fanno parte della "Rete delle Grandi Macchine a Spalla Italiane", decretate dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità.
I Ceri di Gubbio sono tre manufatti di legno dal peso complessivo di circa trecento chili l'uno, sovrastati dalle statue di sant'Ubaldo, san Giorgio e sant'Antonio abate. Fin dalla morte del patrono sant'Ubaldo, ogni quindici maggio tutta la popolazione si raduna sulla piazza per la "alzata", quando, cioè, le tre corporazioni sollevano platealmente i Ceri, dopo aver rotto un'anfora di terracotta. Da lì parte il vorticoso giro della cittadina, che culminerà nel pomeriggio con la salita in corsa al monte Ingino, dove sorge la basilica di Sant'Ubaldo.
PROGRAMMA
Etnografie condivise
9,40 - Jean Rouch, Moi un noir, 1958, 70'
11,00 - Eleonora Diamanti, Alexandrine Boudreault-Fournier, Guardians of the Night / Guardianes de la noche, 2018, 15'
11,30 - Matteo Gallo, Passavamo sulla terra leggeri, 2017, 7'41
11,45 - Gianfranco Spitilli, Si chiama libertà, 2013, 40'28
12,30 - Apre la discussione Laura Faranda
22 novembre pomeriggio
14,30 - Elisa Flaminia Inno, Pagani, 2016, 52'
15,30 - Piercarlo Grimaldi, Remo Schellino,Memorie di tartufo. Una storia nascosta, 2018, 10'45
15,50 - Paolo Vinati, La catena, 2016, 18'
16,20 - Flavio Giacchero, Luca Percivalle, Lou soun amis - Il suono amico, 2017, 45'
17,15 - Apre la discussione Antonello Ricci
23 novembre mattina
Cinema come strumento di ricerca
9,30 - Diego Carpitella, Cinesica 2. Barbagia, 1974, 42'15
10,30 - Martin Clayton, Laura Leante, Simone Tarsitani, L'impiego della ripresa statica nell'analisi etnomusicologica, 2003-2018, 30'
11,00 - Marco Lutzu, L'audiovisivo come strumento per la divulgazione dell'analisi: alcuni esempi dalla Sardegna, 2012, 30'
11,30 - Francesco Marano, 1... 12!, 2017, 4'
11,45 - Nino Cannatà, "Suoni in Aspromonte" visti da Vittorio De Seta e Roberto De Simone, 2018, 30'
12,30 - Silvia Lelli, Histoire d'H, racconti dal silenzio, 2018, 12'18
12,45 - Apre la discussione Giovanni Giuriati
23 novembre pomeriggio
15,00 - Presentazione della donazione Cuneo al MuCiv e del fondo fotografico Sabina Cuneo
16,00 - Inaugurazione della mostra fotografica di Sabina Cuneo e visita guidata
Coordinamento di Francesco Faeta
24 novembre mattina
Etnografie delle migrazioni
9,30 - Vittorio De Seta, Lettere dal Sahara, 2005, 110'
11,30 - Gaetano Crivaro, Margherita Pisano, En Route, 2018, 18'
12,00 - Nico Staiti, One ceremony, two perspectives: wedding and music in a diasporic Roma community, 2018, 12'
12,15 - Apre la discussione Francesco Giannattasio
24 novembre pomeriggio
14,30 - Isabelle Ingold, Area di sosta, 2016, 55'
15,40 - Michele Dore, Charlotte Wuillai, Shimka, 2017, 18'40
16,15 - Fabrizio Caltagirone, Ristretti, 2015, 26'50 16,45
16,45 - Apre la discussione Emilia De Simoni
Proiezioni a richiesta
M. Alberti, C. Bonfadini, G. Festa, S. Fredi, Guarire altrove, 2018, 30'54"
Ferdinando Amato Dopo il terremoto – Cultura materiale e pratiche quotidiane nel cuore dei Sibillini, 2017, 20'
Andrea Arena, Taming Winter. Una storia di carnevali e orsi, 2018, 50'
Assocoral, La storia nelle mani, le mani nella storia, 2018, 20'04
Maura Benegiamo, Progreso7. Oro, armas y resistencia, 2013, 40'
Elettra Irene Borchi, Io sono Kilimarka, 2017, 30'
Alessia Bottone, Ritratti in controluce. Cecità, stereotipi e successi a confronto, 2018, 19'58"
Fabrizio Caltagirone, Italo Sordi, La gra. Castagne a Rodolo, 2015, 17'04"
Fabrizio Caltagirone, Italo Sordi, Alberi di maggio in Lombardia, 2016, 34'50"
Paola Testa, Bianco cenere, 2018, 22'27"
Paola Testa, Donne e madri, 2017, 15'45"
Luciano Toriello, Amina, 2018, 30'
Michele Trentini, We can be heroes just for (two) days (I giannizzeri di Naoussa), 2016, 20'
Damiano Tullio, Anastasia Lorito, Sacro e sacrificabile. I grandi predatori appenninici fra mito e modernità, 2018, 45'
Paolo Vinati, A passeggio con Cecilia – A spazier cun Cecilia, 2017, 40'
Donato Canosa, La cacciata del malvento, 2016, 48'
Alessandra Cristina, W San Paulu, 2018, 15'36"
Chiara Crupi, AQUA. Memoria e vita intorno al fiume Aniene, 2018, 57'
Luigi D'Agnese, Vita da pastore. Papà mi racconta..., 2016, 7'36"
Caterina De Mata, BuonaNotte, 2018, 3'45"
Domenico Di Virgilio, Silvia Pallini, Memorie di una migrazione. Una comunità arbëresh in Abruzzo, 2018, 45'51"
Gianfranco Donadio, Giovanni Sole, Il Santo e i maccheroni, 2018, 6'31"
Luigi Ferraiuolo, Libera nos a malo: la musica di Sant'Antuono contro il diavolo a Macerata Campania, 2017, 55'30"
David Fratini, Dopo la primavera, 2017, 37'
Giacomo Nerici, Dawa Rinchen: il mondo quotidiano di un monaco artista, 2017, 16'46"
Massimo Pirovano, Calzolai, ciabattini, zoccolai al museo, 2018, 45'00"
Michele Sammarco, Maria vola via, 2017, 16'06"
Emanuela Scarponi, I San del Kalahari, 2011, 25'38"
MAV 2018 - Materiali di Antropologia Visiva
Convegno-Rassegna a cura di
Emilia De Simoni, Laura Faranda, Francesco Giannattasio, Giovanni Giuriati, Antonello Ricci
Sala "Diego Carpitella"
Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Museo delle Civiltà - Museo delle Arti e Tradizioni Popolari "Lamberto Loria"
Roma 22-23-24 novembre 2018
Piazza Guglielmo Marconi 10 Roma
Redazione MAV: Michela Buonvino, Carmelo Russo, Andrea Santoro, Gianfranco Spitilli
Supporto tecnico Sapienza: Sandro Zicari
Comunicazione ICDe: Rosa Anna Di Lella, Ilaria Turri
Coordinamento tecnico ICDe: Marco Ieva
Riprese fotografiche ICDe: Roberto Galasso
Segreteria: Francesca Montuori, Sara Visco
Accoglienza: Antonio Fiorillo
Laboratorio di Antropologia delle immagini e dei suoni "Diego Carpitella", tel. 06-49913389
"Sapienza" Università di Roma Piazzale Aldo Moro 5 - 00185 Roma
Archivio di Antropologia visiva "Annabella Rossi", tel. 06-5910709
Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia
Museo delle Civiltà - Museo delle Arti e Tradizioni Popolari "Lamberto Loria"
Piazza Guglielmo Marconi 10 - 00144 Roma
Roma, Nuova Cultura, 2016, 42p.
Rassegna a cura di Emilia De Simoni, Laura Faranda, Francesco Giannattasio, Giovanni Giuriati, Antonello Ricci.
Premessa
L'edizione 2016 di MAV Materiali di antropologia visiva si apre con una mattina dedicata al rapporto tra cinema, fotografia e psichiatria, con il film 87 ore – Gli ultimi giorni di Francesco Mastrogiovanni (2015), di Costanza Quatriglio, e con uno sguardo retrospettivo comprendente il film Gli esclusi (1969) di Michele Gandin, realizzato a partire dalle fotografie scattate da Luciano D'Alessandro fra il 1965 e il 1968 nel manicomio di Nocera Superiore (SA), diretto da Sergio Piro. Nel 1969 D'Alessandro ha pubblicato un celebre volume fotografico con lo stesso titolo che, insieme ai lavori di Gianni Berengo Gardin e di Carla Cerati e a quelli di altri fotografi, ha contribuito a scardinare il sistema manicomiale in Italia e a portare nel 1978 alla legge 180, la cosiddetta Legge Basaglia sugli Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori. Nel 2009, tuttavia, Francesco Mastrogiovanni, maestro elementare, viene prelevato coattamente e sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Vallo della Lucania (SA) dove muore dopo 87 ore di sofferenze sotto l'occhio meccanico di nove telecamere di sorveglianza che ne documentano ogni istante. Quelle riprese, apparentemente lontane da qualsiasi idea di narrazione cinematografica, attraverso il processo di rielaborazione a cui le sottopone Quatriglio diventano, come scrive la stessa regista, il più contemporaneo degli sguardi su "un luogo archetipico: il modo in cui viene esercitato il potere sul corpo umano". C'è una relazione che lega il film 87 ore con Gli esclusi di Gandin ed è l'analogia tra la tipologia di immagini su cui si basano: fotografiche e per loro natura immobili per il secondo; fisse e non fluide, ma a scatti – un fotogramma ogni 2 secondi – per il primo. In ambedue i casi si tratta di rappresentazioni "congelate" della realtà, con un loro tempo interno, con una capacità non "naturale" di restituire sempre nuovi dettagli ogni volta che le si guarda, le si studia, le si indaga. Alcuni estratti da una videointervista del 7 giugno 2016 a Luciano D'Alessandro mettono in luce l'esperienza intercorsa tra fotografo e cineasta nella preparazione del film e costituiscono un omaggio alla memoria del grande reporter scomparso nel settembre 2016.
A partire dal pomeriggio del primo giorno saranno proiettati i filmati selezionati per la rassegna, giunti numerosi a testimonianza che MAV è ormai un punto di riferimento per coloro che si occupano di antropologia visiva anche a livello internazionale, come attestano le opere di David MacDougall e di Steven Feld in programma in questa edizione. Le sessioni sono organizzate secondo il consueto e collaudato schema dell'alternanza di proiezioni e discussioni.
MAV 2016 - Materiali di Antropologia Visiva - 24-25-26 novembre 2016
Tra il 2015 e il 2016 l'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia ha prodotto un film sul Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari. Il film si articola in una serie d'immagini e sequenze concepite a largo respiro, fluide, dinamiche, musicali, girate con la tecnica steady in Alta Definizione e in H.D.R, relative all'architettura del palazzo, alla struttura interna, al disegno espositivo, alle sue preziose collezioni, agli archivi sonori e audiovisivi, e ai più rilevanti oggetti e manufatti artistici e tradizionali in esso conservati. Il film alterna le riprese degli oggetti a riposo a sequenze dei manufatti nell'uso, attingendo alle più efficaci immagini di repertorio degli archivi del Museo. La musica e la voce narrante, mixate con i suoni e i paesaggi sonori delle tradizioni popolari, dialogano con la nostra dinamica di ripresa, basata su speciali movimenti di macchina dal sapore sempre musicale.
Il film si è posto come obiettivi: raccontare la storia del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari a partire delle collezioni raccolte dall'etnologo Lamberto Loria per la Mostra Etnografica di Roma del 1911; configurarsi come una sorta di guida, mostrando, oltre alla struttura architettonica del Museo e le sue sale espositive e i materiali dell'Archivio di Antropologia Visiva; Evidenziare la collaborazione del Museo con figure di grande rilievo dell'antropologia e dello studio delle tradizioni popolari, personaggi che hanno contribuito alla sua fondazione e alla realizzazione di iniziative di respiro internazionale (tra gli altri Diego Carpitella, Annabella Rossi, Roberto De Simone); divenire uno strumento di divulgazione della storia e delle attività del Museo, tale da essere presentato in occasioni istituzionali o agli studenti.
di Francesco De Melis
con Patrizia Giancotti e Renato Marotta
Consulenza Scientifica: Emilia De Simoni
Fotografia: Dario Ruta
Assistente di ripresa: Luca Brunetti
Montaggio: Renato Marotta
Musica: Francesco De Melis
Voce narrante: Patrizia Giancotti
Produzione: Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia 2016
Durata 27'